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La Corte Costituzionale ha più volte sollecitato il Parlamento a intervenire nella materia con un provvedimento organico. Si è anche espressa in alcuni casi specifici, riconoscendo per esempio nella sentenza n. 166 del 1998 che le convivenze more uxorio «rappresentano l’espressione di una scelta di libertà dalle regole che il legislatore ha sancito in dipendenza del matrimonio e che l’applicazione alle unioni di fatto di una disciplina normativa potrebbe costituire una violazione dei principi di libera determinazione delle parti». Nella sentenza n. 404 del 1988 la Corte aveva già riconosciuto il diritto a succedere nel contratto di locazione del convivente. Il tribunale di Roma, nella sentenza n. 9693 del 9 luglio 1991, ha anche affermato il diritto alla risarcibilità del danno biologico nei confronti di terzi in caso di morte del convivente. In Italia il dibattito finora non è giunto a buon fine per la diversità di intenti perseguiti dai proponenti, determinata dalla coesistenza nel nostro Paese di culture ed ideologie assai differenti. E’ sbagliato però pensare che il cambiamento debba passare necessariamente attraverso l’aggressione delle nostre tradizioni, è vero piuttosto che il cambiamento può far evolvere il precedente modello, senza distruggerlo. La pluralità di forme relazionali, d’altro canto, non elimina, né mai potrebbe, la famiglia come istituto unico e insostituibile a livello sociale. In un Paese a democrazia liberale avanzata, rispettoso di tutte le sensibilità e le culture, si deve però riconoscere al cittadino il diritto di scegliere, nell’organizzare la propria esistenza, tra: - il matrimonio (civile e/o religioso) con la sua disciplina pubblicistica inderogabile; - un patto di convivenza liberamente disciplinato e sottoscritto, con la previsione di diritti e doveri, alcuni dei quali non derogabili; - la semplice convivenza «di fatto», dalla quale nessun diritto od obbligazione reciproca può derivare, non avendolo i conviventi voluto, come dimostra la mancata formale sottoscrizione del patto. Far derivare invece ex lege effetti giuridici da un semplice comportamento concreto, la convivenza, oltre a mettere a rischio diritti e interessi di terzi, significherebbe violare il diritto dell’individuo di organizzare la propria vita in maniera del tutto libera, svincolata da regole imposte dall’alto. (segue)
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