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Se all’esito di questa valutazione dovesse emergere un’antinomia con il diritto internazionale pattizio, la norma interna deve essere - secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente - non disapplicata dal giudice nazionale, ma dichiarata incostituzionale per contrasto con l’art. 117 comma 1 Cost. Occorre, quindi, che il giudice a quo sollevi la questione di legittimità costituzionale.
La Cassazione, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, aveva chiarito che le norme CEDU, pur vincolando lo Stato, non producono effetti diretti nell’ordinamento interno, non essendo riconducibili agli artt. 10 comma 1 e 11 Cost. Pertanto i giudici nazionali non possono applicarle alla controversia loro sottoposta, disapplicando al contempo la norma nazionale. La CEDU, quale trattato internazionale multilaterale, ricade nell’ambito applicativo dell’art. 117 comma 1 Cost., il quale, nel vincolare la legge al rispetto degli obblighi internazionali, fa sì che il contrasto tra la prima e i secondi si presenti come questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 117 comma 1 Cost. Le norme della CEDU, ha sancito la Cassazione, sono però di rango subordinato alla Costituzione, poste in posizione intermedia tra quest’ultima e la legge, integrative del parametro costituzionale di cui all’art. 117 comma 1.
Esse, così come interpretate dalla Corte di Strasburgo (art. 32 comma 1 CEDU), devono, di conseguenza, essere conformi alla Costituzione per vincolare il legislatore nazionale ad adeguarsi alle stesse. L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha ingenerato nuovi dubbi sulla configurabilità del potere del giudice statale di disapplicare la norma interna qualora essa contrasti con una disposizione della CEDU.
Il giudice nazionale, accertata l’impossibilità di interpretazione conforme ai principi della CEDU, deve sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma interna per contrasto, tramite l’art. 117 Cost., con la CEDU. Questa strada è stata percorsa dai tribunali italiani sopracitati con riferimento al divieto di procreazione eterologa. Essi hanno incentrato la questione di costituzionalità sulla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che, nel censurare la legge austriaca sulla disciplina della procreazione eterologa, avrebbe affermato principi generali applicabili anche al divieto italiano della medesima tecnica procreativa. (segue)
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