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CIRCOLARE del Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali
LE SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI:
ESAME DELLA NORMATIVA E PROPOSTE DI INTERVENTO
PREMESSA
L’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 contiene norme per la riforma degli ordinamenti professionali e disposizioni per la disciplina delle società tra professionisti.
Il documento esamina, in particolare, la disciplina della società tra professionisti (STP) mettendone in evidenza gli aspetti di maggiore criticità che potranno essere solo in parte colmati dai regolamenti di attuazione.
Si evidenzia la necessità di intervenire sul testo introdotto dalla legge di stabilità 2012 con alcune proposte di modifica al fine di completare o almeno meglio definire la disciplina delle STP affinché le prerogative degli ordinamenti professionali non rischino di essere vanificati dalla forma giuridica con cui una professione viene svolta.
LE FORME GIURIDICHE PER LA COSTITUZIONE DELLA STP
Ai sensi dell’art. 10, comma 3, l.n. 183/2011, viene consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati nei titoli V e VI del libro V del codice civile.
Pertanto in fase di costituzione si potrà ricorrere allo schema della:
• società semplice;
• società in nome collettivo;
• società in accomandita semplice;
• società per azioni;
• società in accomandita per azioni;
• società a responsabilità limitata;
• società cooperativa.
La disposizione, come avremo modo di chiarire nel prosieguo, reca alcuni importanti principi.
In primo luogo, è bene evidenziare già adesso quanto previsto nel comma 4, lett. a), dello stesso art. 10, dove con riferimento all’oggetto sociale della costituenda società, si specifica che esso debba consistere nell’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci. Consentire, infatti, la costituzione di società per “.. l’esercizio di attività professionali regolamentate …” equivale a dire:
• che l’oggetto sociale esclude qualsivoglia attività d’impresa ed è dunque ristretto alle attività professionali che possono concretamente svolgere i professionisti appartenenti alle cd. professioni regolamentate, dunque quelle indicate negli ordinamenti professionali,
• che l’esercizio delle stesse è limitato ai soci della società che risultano iscritti in albi o collegi professionali secondo il disposto dell’art. 2229 c.c., previo superamento dell’esame di Stato previsto nell’art. 33, co. 5, della Costituzione.
In secondo luogo, si permette la costituzione di società tra professionisti ricorrendo anche allo schema societario delle società di capitali e consentendo, in definitiva, la limitazione della responsabilità patrimoniale del socio (professionista e non) che risponderà solamente nei limiti del capitale effettivamente versato.
L’acquisto della personalità giuridica da parte della società, però, presuppone l’esistenza e il conseguente riconoscimento di un soggetto differente dalle persone dei soci che necessita d una compiuta struttura organizzativa in grado di realizzare al meglio gli obiettivi che gli stessi soci fondatori si sono prefissati e che, stando alle norme, possono coincidere solo in parte con l’esercizio dell’attività professionale, ancorché questa ne rappresenti l’oggetto sociale “tipico” ed esclusivo. In ogni caso, al fine di fugare ogni dubbio interpretativo, peraltro già azzardato da parte di taluno che intravede nella società di capitale applicata alle Professioni uno strumento per la mera industrializzazione dei servizi professionali, è opportuno che si precisi ulteriormente il testo per rimarcare l’esclusività delle attività professionali e del loro esercizio esclusivo da parte dei soci professionisti. Ciò può ben avvenire anche nell’ambito del regolamento interministeriale previsto dal comma 10 in materia di criteri e modalità di esecuzione dell’incarico.
A tal riguardo, va messo in luce l’importante elemento di novità rispetto all’orientamento tradizionale, vale a dire la possibilità di costituire la STP secondo i tipi societari previsti per l’attività di impresa ed anche di tipo capitalistico. Ciò solo apparentemente potrebbe rappresentare una deroga al principio che caratterizza la prestazione professionale individuale, vale a dire quello per cui la prestazione professionale si basa sull’intuitus personae. Tale regola invero è stata in più luoghi “recuperata” dal legislatore della Legge n. 183/2011.
Tuttavia, vista la scarsa precisione impiegata dal legislatore nella Legge n. 183/2011 nel tratteggiare i lineamenti della società tra professionisti costituita secondo una delle tipiche forme delle società di capitali, le lacune andranno auspicabilmente colmate in sede statutaria con la formulazione di precise clausole che tengano in considerazione l’esigenza di coordinare la personalità della prestazione professionale con la struttura societaria e la relativa organizzazione in cui questa ultima viene fornita. Ma in questo senso ancor più assume importanza la regolamentazione interministeriale prevista dal comma 10, per la quale si richiede espressamente un fattivo coinvolgimento delle Professioni, che potrà ben delimitare l’autonomia statutaria al fine di salvaguardare il presupposto inderogabile della “personalità della prestazione”, che è patrimonio di fiducia nei confronti dei professionisti insito nel nostro contesto socio-­-economico.
Analoghe considerazioni di merito e di metodo possono spendersi anche per l’esatta individuazione dei regimi disciplinari applicabili, partendo dal presupposto che non sia possibile effettuare discriminazioni tra illeciti disciplinari compiuti dal socio che sia professionista e illeciti disciplinari posti in essere dal professionista che socio non è; peraltro, ancorché a questi sia impedito lo svolgimento della attività, ben potrebbe adoperarsi con azioni nell’interesse della società, ma in contrasto con la deontologia dei soci professionisti. Anche a questo proposito, il legislatore ha opportunamente disposto la necessità di un regolamento interministeriale in difetto del quale l’attività di vigilanza degli Ordini è impossibile nei confronti della società. Pertanto, con la ferma volontà di valorizzare sempre più l’attività disciplinare, si richiede espressamente un fattivo coinvolgimento delle Professioni, al lavoro di stesura del Regolamento.
(segue)

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