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LA DENOMINAZIONE DELLA SOCIETÀ E DIVIETO DI PARTECIPAZIONE A PIÙ STP I commi 5 e 6 dell’art. 10 della l.n. 183/2011 recano due importanti principi relativi allo svolgimento dell’attività professionale in forma societaria già noti alla nostra tradizione (cfr. società di avvocati). La prima previsione sancisce che qualunque sia la forma della società nella sua denominazione sociale dovrà esservi l’indicazione «società tra professionisti». Viene riconfermato, in tal modo, l’assunto per cui l’esercizio dell’attività professionale costituisce oggetto esclusivo della STP tanto che anche nella denominazione sociale non possa prescindersi dall’inserimento dell’elemento qualificante la società rispetto ai terzi che con essa entrano in contatto. Va da sé che è impensabile che una simile tipologia di società possa svolgere attività diverse o addirittura d’impresa La seconda previsione, invece, afferma il principio per cui la partecipazione ad una società è incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti. Con riferimento al socio professionista, nel solco tracciato dall’art. 21 del d.lgs. 96/2001 e confermato dal d.lgs. n. 223/2006 (c.d. Decreto Bersani) si esclude la contemporanea partecipazione del professionista a più società. Non essendo dedicata al regime di incompatibilità altra previsione, è fuori di dubbio che il professionista possa continuare a svolgere l’attività professionale a titolo individuale ovvero nell’ambito di una associazione professionale. Piuttosto, il legislatore ha stabilito che la materia di cui al comma 6, ovvero il divieto di partecipare ad altra società tra professionisti, sia disciplinata con l’adozione di uno specifico regolamento. Appare di tutta evidenza che la previsione normativa che fissa il divieto di partecipazione a più società da parte dei soci è di per sé esaustiva. Non può che ritenersi, allora, che il legislatore sia incorso in un mero errore. E’ invero ragionevole ritenere che il regolamento avrebbe dovuto riferirsi alla principale materia che necessita di regolamentazione, ovvero i limiti e le modalità della partecipazione dei soci non professionisti. Dovendo intervenire nella riformulazione del comma 10 dell’art. 10 della legge di stabilità per correggere il riferimento normativo oggi al comma 6, è auspicabile che ciò avvenga sostituendolo con il riferimento al comma 4, lett. b), prevedendo dunque l’adozione di un regolamento che disciplini le modalità ed i limiti della partecipazione dei soci non professionisti alla STP, ovvero in maniera più incisiva prevedendo direttamente nella legge di stabilità (e cioè nella fonte primaria) le modalità ed i limiti della partecipazione dei soci non professionisti alla STP. (segue)
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