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LA CORTE COSTITUZIONALE NON CANCELLA IL DIVIETO DELLA FECONDAZIONE ETEROLOGA Il 22 maggio 2012 la Corte Costituzionale si è pronunciata il sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dai Tribunali di Firenze, Catania e Milano relativamente al divieto di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo sancita dalla legge n. 40 del 2004, restituendo gli atti ai giudici rimettenti per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 3 novembre 2011 (S.H. e altri contro Austria), (vedi in allegato il testo integrale) sulla stessa tematica.
L`udienza si era aperta con l`intervento del giudice Giuseppe Tesauro sulle tre ordinanze: quella emanata il 6 settembre 2010 dal Tribunale di Firenze, la prima in Italia in cui un tribunale ordinario riteneva costituzionalmente illegittimo il divieto di procreazione eterologa; quella di Catania del 21 ottobre 2010 e l’ultima, del Tribunale di Milano, febbraio 2011. L’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri, che aveva annunciato una difesa tecnico-giuridica, ha di fatto sollecitato la bocciatura dei ricorsi. Perché i giudici, ha detto, non devono supplire alle carenze del Parlamento, poiché «il divieto di fecondazione eterologa è coerente con l`impostazione dell’intera legge», e «una sua eliminazione secca, senza una legislazione che ne disciplini tutti gli aspetti, creerebbe un vuoto normativo».
La decisione della Consulta non ha preso una netta posizione sulla questione, in quanto non ha bocciato la questione di incostituzionalità né ha dato via libera definitivo alla L. 40/2004, ma ha semplicemente invitato i Tribunali ricorrenti a considerare la sentenza della Camera Grande della Corte di Strasburgo, rivalutando la questione alla luce del principio ivi enunciato per decidere se riproporre il giudizio di costituzionalità alla Consulta, perché secondo loro continua a sussistere un contrasto con la Costituzione italiana, o invece considerare che, sulla scorta della sentenza europea, l’incostituzionalità non esiste più.
In sostanza occorre valutare se la ratio decidendi sottesa alla sentenza della Corte europea può essere considerata valida anche per il divieto di fecondazione eterologa di cui alla legge del 2004. I giudici a quo sono stati dunque chiamati ad interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale avvalendosi di tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica; solo qualora ciò non sia possibile, egli deve investire la Corte costituzionale delle relative questioni di legittimità costituzionale rispetto al parametro dell’art. 117, co. 1, Cost. (segue)
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