17 GENNAIO 2010 PAPA BENEDETTO XVI VISITA LA SINAGOGA DI ROMA “Il Signore ha fatto grandi cose per loro” Grandi cose ha fatto il Signore per noi: eravamo pieni di gioia” (Sal 126) “Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme!” (Sal 133)
Benedetto XVII è stato accolto dal presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, e dal presidente delle Comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna. E` la terza visita di Ratzinger ad una Sinagoga, dopo Colonia (agosto 2005) e New York (aprile 2008). La visita avviene a 24 anni dal memorabile ingresso di Giovanni Paolo II nella Sinagoga romana,il 13 aprile del 1986. Wojtyla fu il primo pontefice romano ad entrare in un tempio ebraico dopo San Pietro.
Pacifici: “Certi Stati sovrani sostengono il fondamentalismo religioso e programmano la distruzione dello Stato d`Israele e il conseguente sterminio degli ebrei". Uomini e donne animati dall`odio e guidati e finanziati da organizzazioni terroristiche cercano il nostro annientamento non solo culturale ma anche fisico. Questo fanatismo religioso è sostenuto anche da Stati sovrani. Tra questi Stati ci sono coloro che sviluppano la tecnologia nucleare a scopi militari programmando la distruzione dello Stato d`Israele e il conseguente sterminio degli ebrei, con l`intento ultimo di ricattare il mondo libero. Per questo dobbiamo solidarizzare con le forze che nell`Islam interpretano il Corano come fonte di solidarietà e fraternità umana, nel rispetto della sacralità della vita. In questa Sinagoga, sono presenti oggi alcuni di questi leader musulmani e con calore e affetto sento di dar loro il benvenuto".
"Il silenzio di Pio XII di fronte alla Shoah duole ancora come un atto mancato. Forse non avrebbe fermato i treni della morte, ma avrebbe trasmesso, un segnale, una parola di estremo conforto, di solidarietà umana, per quei nostri fratelli trasportati verso i camini di Auschwitz. In attesa di un giudizio condiviso, auspichiamo, con il massimo rispetto, che gli storici abbiano accesso agli archivi del Vaticano che riguardano quel periodo e tutte le vicende successive al crollo della Germania nazista. Chi le parla è figlio di Emanuele Pacifici e nipote del Rabbino Capo di Genova Riccardo Pacifici, morto ad Auschwitz insieme alla moglie Wanda. Se sono qui a parlare da questo luogo sacro è perche mio padre e mio zio Raffaele trovarono rifugio nel Convento delle Suore di Santa Marta a Firenze. Il debito di riconoscenza nei confronti di quell`Istituto religioso è immenso e il rapporto continua con le Suore della nostra generazione. Lo Stato d`Israele ha conferito al Convento la Medaglia di Giusti fra le Nazioni".
Di Segni: "Terra d`Israele irrinunciabile" Nella coscienza ebraica è "fondamentale e irrinunciabile" ricordare che la terrasanta "é la terra di Israele" con "la promessa fatta ripetutamente dal Signore ai nostri patriarchi di darla ai loro discendenti. "Il silenzio dell`uomo non sfugge a Dio" "Il silenzio di Dio o la nostra incapacità di sentire la Sua voce davanti ai mali del mondo, sono un mistero imperscrutabile. Ma il silenzio dell`uomo è su un piano diverso, ci interroga, ci sfida e non sfugge al giudizio". Così il rabbino capo, con un riferimento che appare rivolto a Pio XII. Ebrei, cristiani e musulmani sono chiamati alla pace senza esclusioni. L`immagine di rispetto e di amicizia che emana da questo incontro deve essere un esempio per tutti coloro che ci osservano. Ma amicizia e fratellanza non devono essere esclusivi e oppositori nei confronti di altri. In particolare di tutti coloro che si riconoscono nell`eredità spirituale di Abramo".
Papa Benedetto XVI: La dottrina del Concilio Vaticano II ha rappresentato per i Cattolici un punto fermo a cui riferirsi costantemente nell’atteggiamento e nei rapporti con il popolo ebraico, segnando una nuova e significativa tappa. L’evento conciliare ha dato un decisivo impulso all’impegno di percorrere un cammino irrevocabile di dialogo, di fraternità e di amicizia. Conservo ben vivo nel mio cuore tutti i momenti del pellegrinaggio che ho avuto la gioia di realizzare in Terra Santa, nel maggio dello scorso anno, come pure i tanti incontri con Comunità e Organizzazioni ebraiche, in particolare quelli nelle Sinagoghe a Colonia e a New York. La Chiesa non ha mancato di deplorare le mancanze di suoi figli e sue figlie, chiedendo perdono per tutto ciò che ha potuto favorire in qualche modo le piaghe dell’antisemitismo e dell’antigiudaismo. Il passare del tempo ci permette di riconoscere nel ventesimo secolo un’epoca davvero tragica per l’umanità: guerre sanguinose che hanno seminato distruzione, morte e dolore come mai era avvenuto prima; ideologie terribili che hanno avuto alla loro radice l’idolatria dell’uomo, della razza, dello stato e che hanno portato ancora una volta il fratello ad uccidere il fratello. Il dramma singolare e sconvolgente della Shoah rappresenta, in qualche modo, il vertice di un cammino di odio che nasce quando l’uomo dimentica il suo Creatore e mette se stesso al centro dell’universo. In questo luogo, come non ricordare gli Ebrei romani che vennero strappati da queste case, davanti a questi muri, e con orrendo strazio vennero uccisi ad Auschwitz? Come è possibile dimenticare i loro volti, i loro nomi, le lacrime, la disperazione di uomini, donne e bambini? Lo sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosè, prima annunciato, poi sistematicamente programmato e realizzato nell’Europa sotto il dominio nazista, raggiunse in quel giorno tragicamente anche Roma. Purtroppo, molti rimasero indifferenti, ma molti, anche fra i Cattolici italiani, sostenuti dalla fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli Ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e meritando una gratitudine perenne. Anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta. La memoria di questi avvenimenti deve spingerci a rafforzare i legami che ci uniscono perché crescano sempre di più la comprensione, il rispetto e l’accoglienza.
Possiamo fare passi insieme, consapevoli delle differenze che vi sono tra noi… Cristiani ed Ebrei hanno una grande parte di patrimonio spirituale in comune, pregano lo stesso Signore, hanno le stesse radici, ma rimangono spesso sconosciuti l`uno all`altro". "Spetta a noi - ha proseguito - lavorare affinché rimanga sempre aperto lo spazio del dialogo, del reciproco rispetto, della crescita nell`amicizia, della comune testimonianza di fronte alle sfide del nostro tempo, che ci invitano a collaborare per il bene dell`umanità".
“Genti tutte, lodate il Signore, popoli tutti, cantate la sua lode, perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura per sempre”. Alleluia” (Sal 117)]
|