Infatti è vero che tutti i principi dianzi affermati sono validi ed operanti finché esiste il rapporto enfiteutico; questo esiste sì, ma tra gli originari contraenti; continua ad esistere se viene trasmesso il diritto di enfiteuta - livellario. Ma questo rapporto può andare incontro alla estinzione ed i predetti principi possono cadere nel nulla al verificarsi di determinati eventi . Primo tra tutti, come detto prima la via maestra è costituita dal ricorso all`affrancazione . Ma l`affrancazione o la devoluzione non è il solo modo di estinzione dell`enfiteusi o del rapporto concedente - livellario. Si sostiene che l`enfiteusi se non è a tempo, è perpetua e quindi imprescrittibile. Ma ciò vale anche per la proprietà. Ma come per la proprietà, diritto ben più assoluto e pieno rispetto all`enfiteusi, opera al verificarsi di alcuni eventi l`istituto della usucapione, ritengo che questo possa e debba trovare possibilità di realizzazione anche nell`enfiteusi. Si ricorda che detto istituto, l`usucapione cioè, non può essere invocato solamente in presenza di Demanio o di usi civici collettivi. L`usucapione non si può verificare, come costantemente si è pronunziata la suprema corte Cassazione , se il titolo del suo possesso non è mutato per causa proveniente da terzo. Il diritto del concedente pertanto può essere soggetto ad essere usucapito da parte del terzo che ha a qualsiasi titolo instaurato un rapporto con il fondo che sia incompatibile con il diritto di enfiteusi nel senso che sia un rapporto pieno e totalmente assorbente e che trova la sua caratteristica nella proprietà. Infatti sino a quando il contraente originario ed i suoi aventi causa si muovono nei rapporti con il fondo e con il concedente nell`alveo del diritto di enfiteusi, nulla questio; il diritto di enfiteusi permane in quanto , il diritto del concedente non è messo in pericolo, nemmeno come detto nell`ipotesi di mancato pagamento nel tempo del canone enfiteutico. Ma il problema nasce e si pone per il concedente se nel tempo, qualcun altro, che non è il contraente originario o il suo avente causa nel titolo, sia entrato a titolo diverso dell`enfiteusi nel possesso del fondo con il godimento del possesso uti dominus. Se cioè nel tempo per un titolo di per sè idoneo a trasferire la proprietà, seppure basato su fatti erronei ( proprietà e non enfiteusi) ma che ha fatto nascere nell`avente causa la consapevolezza di essere proprietario e non enfiteuta o livellario, questo costituisce titolo valido per usucapire anche il diritto del concedente, perchè può vantare il diritto di piena proprietà. A questi viene inoltre in soccorso, a conferma del suo titolo, il principio della "pubblicità sanante". L`avere trascritto infatti un titolo di per sè idoneo a produrre l`effetto nello stesso indicato, ancorchè basato su elementi erronei, corredato da un possesso, continuato nel tempo, uti dominus, permette al nostro soggetto di potersi validamente ritenere l`unico legittimo proprietario che ha usucapito l`intero fondo in piena proprietà e quindi non il diritto dell`enfiteuta ed il diritto del concedente, in quanto questo rapporto non stato mai oggetto di contrattazione tra venditore ed acquirente , stante che oggetto di contrattazione è stato il trasferimento del fondo uti dominus. E` questa la funzione della pubblicità immobiliare e contro questo rischio il legislatore ha dato all`originario concedente il diritto di agire anche unilateralmente in ricognizione delle proprie ragioni prima che si compisse il ventennio, prima cioè che si compisse il periodo utile perchè si verificasse comunque l`usucapione. Se così non fosse si arriverebbe alla aberrante situazione che il concedente, che da decenni non cura il proprio interesse ( richiesta del canone, verifica del miglioramento del fondo, esercizio del diritto di devoluzione), si vedrebbe riconosciuto imprescrittibile il proprio diritto. In questa ottica il diritto riconosciutogli dall`art.969 codice civile diventa anche un dovere se vuole mantenere integra la titolarità, come sostiene il Capozzi. Una oculata gestione dei propri diritti, una specificata catalogazione degli stessi, delle scadenze, della interazione tra i propri uffici, metterebbe al riparo l`Ente concedente dalla perdita per usucapione dei propri diritti riconducibili al suo patrimonio disponibile. Quindi l`usucapione conseguente alla inversione del possesso ed al decorso del tempo. Sappiamo che l`interversio possessionis è il mutamento della detenzione in possesso o del possesso corrispondente all`esercizio di un diritto reale su cosa altrui in possesso coincidente all`esercizio del diritto di proprietà. Da tale momento comincerà a decorrere il tempo necessario per l`usucapione del diritto di proprietà. (art.1141 e 1164 cod. civ.). Per aversi ciò necessita una causa proveniente da un terzo ed una opposizione del possessore contro il diritto del proprietario, non essendo sufficiente un cambiamento interno all`enfiteuta dell`animus possidendi. L`opposizione nei confronti del proprietario deve essere inequivocabilmente diretta contro di lui, in modo da essere portata a sua conoscenza. Ma qui bisogna esaminare caso per caso. Una prima ipotesi si può avanzare nel caso di trasformazione sostanziale ed irreversibile del fondo, una trasformazione cioè tale che non possa essere inquadrata come miglioria. Infatti secondo quanto affermato dall`Avvocatura dello Stato con nota 8475 del 19.12.1999 l`attività di miglioria che è richiesta all`enfiteuta deve ritenersi intrinsecamente connessa alla natura del fondo stesso. Nella stessa nota il predetto Organo dello Stato afferma che i fabbricati costruiti su terreni gravati da livello non possono essere considerati migliorie, in quanto esula completamente dagli obblighi gravanti sull`enfiteuta - livellario, ogni attività di trasformazione edilizia. Ma questo può considerarsi una "interversio possessionis" ?L`interrogativo trova risposta positiva nelle varie pronunzie della corte di Corte di Cassazione (da ultimo sentenza n.27251 del 18/12/2011, n.5419/2011 e n.1296/2010) per la quale l`interversione in possesso può aversi anche attraverso il compimento di sole attività materiali se esse rivelano in modo inequivocabile e riconoscibile dall`avente diritto l`intenzione del detentore di esercitare il potere sulla cosa esclusivamente "nomine proprio" vantando però per sè il diritto corrispondente al possesso in contrapposizione con quello del titolare della cosa. Il fatto di edificare, afferma la giurisprudenza costituisce esercizio di una facoltà inerente al diritto di proprietà, con l`effetto che essa manifesta anche verso l`esterno mediante una condotta riconoscibile da parte di tutti e quindi anche dal proprietario. (segue...)
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