L`espressione “usi civici” è equivoca perché in realtà designa due istituti giuridici profondamente diversi, entrambi di origine feudale: le proprietà collettive delle comunità locali e i diritti collettivi di godimento e d’uso su terre altrui, modellati dalla legge 16 giugno 1927 n. 1766 sulla realtà dell’Italia Meridionale , con una omologazione delle regole per tutto il territorio nazionale, contrastante con la disciplina tradizionale degli usi civici in altre parti d’Italia, e non compatibile con alcuni istituti del Nord Italia. Oggi le terre civiche, di proprietà collettiva della comunità degli abitanti, non appartengono al patrimonio del comune e non fanno quindi parte della sua proprietà esclusiva; non rientrano fra i beni del demanio comunale in senso proprio, né fra i beni appartenenti al patrimonio dell’ente locale, ma costituiscono un demanio civico. In relazione alle nuove esigenze delle comunità, si sta però affermando una concezione non statica dell’uso civico secondo la quale “la generica espressione “usi civici” indica una serie aperta di possibilità di utilizzazione collettiva; pertanto l’uso civico riservato ad una comunità può modificarsi nel tempo qualora le condizioni di vita, nella loro mutazione, rendano attuali esigenze nuove e diverse, di natura ecologica, idrologica, biologica ed anche turistica ed ambientale.” La natura giuridica degli usi civici su terre collettive presenta questi come diritti tendenzialmente perpetui, imprescrittibili, quindi non usucapibili, e inalienabili, in quanto spettanti ai titolari non uti singuli, ma in qualità di cives, cioè di partecipanti a una collettività comunale o ad altra collettività , ancora da liquidare. Quindi il vincolo si estingue se viene meno l’uso civico, e ciò può avvenire sia per la definitiva affrancazione delle terre gravate dallo jus in re aliena, sia per la concessione delle terre civiche assegnate alle famiglie di coltivatori diretti. Dunque con l’espressione usi civici, legati ai bisogni di un’agricoltura e di una vita agreste in gran parte superati, si intendono sia proprietà collettive delle comunità locali, meglio definibili come terre civiche, assimilate nel regime giuridico alle proprietà demaniali, sia gli usi civici intesi come diritti collettivi di godimento e d’uso su terre sia di proprietà privata che anche di enti pubblici. La legge 16 giugno 1927 n. 1766, sulla liquidazione degli usi civici, tratta diversamente i due istituti. La legge prevede la classificazione delle terre civiche, comprese quelle provenienti da affrancazione dagli usi civici mediante divisione, in due categorie: - a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco e come pascolo permanente; - b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria da assegnare a famiglie coltivatori diretti. Quelli della categoria a) non possono essere alienati o avere un mutamento di destinazione senza autorizzazione, ora regionale. Quelli della categoria b) sono destinati ad essere ripartiti fra le famiglie di coltivatori diretti del Comune o della frazione. L’assegnazione è a titolo di enfiteusi che può essere affrancata. E’ esclusa l’alienazione prima dell’affrancazione . La Corte costituzionale ha già sottolineato che, secondo le finalità della legge del 1927, la destinazione pubblica dei beni di demanio civico non si determina in funzione dell’esercizio dei diritti di uso civico, connessi a economie familiari di consumo sempre meno attuali, bensì in funzione dell’utilizzazione dei beni a fini di interesse generale . Infatti oggi le terre civiche svolgono poco la loro funzione originaria, e sono utilizzate prevalentemente per la tutela dell’ambiente (Legge Galasso e Codice dei beni culturali e del paesaggio). In considerazione della natura demaniale dei beni in uso civico, gli eventuali negozi di disposizione aventi ad oggetto detti beni sono inficiati da nullità assoluta. L` uso civico su terreni privati ne consente l’affrancazione . I terreni di proprietà privata assoggettati ad uso civico, inteso come jus in re aliena, sono liberamente trasferibili. Sono anche liberamente trasferibili terreni di proprietà comunale, che siano previamente passati da terre gravati da uso civico, al patrimonio disponibile. Per i fondi già gravati da uso civico gli atti di divisione, cessione od alienazione di natura privata, attinenti cioè ai diritti di godimento di privati sui fondi stessi, possono essere liberamente posti in essere dalle parti e ricevuti dal notaio. Sul problema della commercialità dei terreni soggetti ad uso civico, esiste lo studio n.777 della Commissione Studi del Consiglio nazionale del Notariato del 21 maggio 1994, al quale si rinvia per una maggiore e specifica posizione circa tutta la problematica connessa.
(segue...)
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