COMMENTI A GIURISPRUDENZA
Discende da quanto esposto che la questione di nullità contrattuale sollevata dal ricorrente deve essere respinta, ditalchè non vi è luogo, come dianzi motivato per l’annullamento della sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla questione stessa. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso conduce infatti all’esame della eccezione di nullità, risultata infondata; di qui il rigetto dell’appello. Le spese di causa possono essere compensate, in ragione della parziale fondatezza in astratto di uno dei motivi di ricorso e della novità delle soluzioni adottate. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo di ricorso. Accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’appello proposto da S.L. Spese compensate. Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della seconda sezione civile il 4 novembre 2009.
Commento breve di Giuseppe Palazzolo.
1. Il trattamento della divisione ereditaria quale fattispecie omologa alla divisione per volontà del testatore. L’arresto di Cass. 2313/2010, oltre a fissare il principio della concentrazione della fase giudiziale di Cassazione, che decide il merito della questione controversa senza necessità di rinvio, arg. ex artt. 111, comma 2 Cost. e 384 c.p.c. si appalesa, di esiziale importanza anche per il notariato, giacchè, intende confermare il pronunciamento di Cass. 15133/2001, ove la divisone ereditaria era trattata alla stregua della divisione per volontà del testatore ex art. 734 c.c., per la quale non vi è la necessità del corredo urbanistico degli immobili che vi fanno parte, secondo quanto dispongono gli artt. 17 e 40, L. 47/85 e 46 del DPR. 380/2001, per gli atti inter vivos. Ritenemmo, ancor prima della sentenza qui brevemente commentata, che i giudici di merito, del Sud Italia, in tema di divisione ereditaria incorrevano in ultrapetizione , poiché , in quei giudizi, contro un altro ben noto provvedimento della Cassazione, l’accertamento del tempo dell’abuso edilizio era posposto ad libitum fino a costringere l’erede a dichiarare che il medesimo era antecedente al 1° settembre del 1967, per contentare il giudice, anche dichiarando fatti non veri.
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