Convegno Notai Caltagirone 21 aprile 2012
CASI E QUESTIONI DI INTERESSE NELLE PROFESSIONI GIURIDICO CONTABILI

CONSIGLIO NOTARILE DI CALTAGIRONE
CENTRO STUDI DI DIRITTO CIVILE E COMMERCIALE “FEDERICO II”
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COMMENTI A GIURISPRUDENZA


Dopo essersi soffermato per quasi tutta la pagina successiva sulla identificazione del bene attraverso le planimetrie allegate, l’atto di appello reca il seguente capoverso: “ il contratto di divisone di che trattasi è dunque palesemente nullo per i motivi esposti, né alcuna efficacia sanante può con ogni evidenza rivestire la successiva registrazione dell’atto “.
Invano la contro ricorrente oppone che queste deduzioni non costituiscono specifico motivo di impugnazione e che la Corte d’appello non era tenuta a pronunciarsi su di esse. Il requisito della specificità dei motivi di appello non richiede infatti l’impegno di formule sacramentali, ma esige soltanto una esposizione chiara ed univoca delle doglianze e delle domande rivolte al giudice del gravame ( Cass. 9867/00, 6542/02, 15541/02, 26271/05). Inoltre il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assoluta, ma esige solo che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano, contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico – giuridico delle prime ( Cass. 4068/09 ). Ora, nel caso in esame, sia pure accorpandole con altri rilievi di analoga portata, parte appellante aveva svolto specifiche deduzioni sulla nullità del contratto divisionale, poiché aveva parlato di “ requisiti di validità “, aveva sollecitato l’attenzione sull’omessa indicazione della concessione edificatoria e aveva tratto la conseguenza giuridica dell’allegazione, definendo il contratto di divisione come “ palesemente nullo “. In tal modo restavano soddisfatti i requisiti di specificità richiesti dal codice di rito.
Tale accertamento non comporta però automaticamente l’accoglimento della censura e la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.

Pronunciandosi in tema di opposizione a sanzioni amministrative questa Corte ha già avuto modo di stabilire che il mancato esame di un motivo, da parte del giudice dell’opposizione, giustifica l’annullamento, da parte della Suprema Corte, della sentenza impugnata a condizione che le questioni di fatto o di diritto, proposte con il motivo non esaminato, siano decisive. Per contro, quando il motivo non esaminato dal giudice dell’opposizione propone infondate questioni di diritto, lo iato esistente tra pronuncia di rigetto e mancato esame del motivo per cui l’annullamento è stato domandato deve essere colmato dalla Corte di cassazione attraverso l’impiego del potere di correzione della motivazione ( art. 384, secondo comma, cod. proc. civ. ), integrando la decisione di rigetto pronunciata dal giudice dell’opposizione mediante l’enunciazione delle ragioni che la giustificano in diritto, senza necessità di rimettere al giudice di rinvio il compito di dichiarare in fondato in diritto il motivo non esaminato. ( cfr. Cass. 3388/05; 8561/06; 18190/06 ). Inoltre nella giurisprudenza della Corte, a seguito della modifica dell’art. 384 c.p.c., avvenuta già con la riforma di cui alla L. 353/90 e dalla costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del processo, si è osservato che è configurabile il potere della Corte di cassazione di correzione della motivazione delle sentenze impugnata anche in relazione ad un “ error in procedendo “, fermi restando anche in tal caso i limiti della non necessità di indagini di fatto e del rispetto del principio dispositivo. ( Cass. 15810/ 05; 5894/06; 1615/08 ). La legge delega n. 80 del 2005 ha previsto poi ( art. 1 comma 2 ) l’estensione delle ipotesi di decisone nel merito, “ anche nel caso di violazione di  norme procedurali “, previsione che si è tradotta in una modifica dell’art. 384 c.p.c., novellato dal d.lgs 40 del 2006, nel senso di sopprimere l’inciso che restringeva la facoltà del giudice di legittimità alle ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione o falsa applicazione di  norme di diritto. In realtà tale disposizione era già insita nell’ordinamento, in forza di una lettura dell’art. 384 costituzionalmente orientata dal principio della ragionevole durata del processo. Le nuove disposizioni hanno solo adeguato formalmente il testo normativo all’interpretazione conforme a costituzione, ma la regola della decisone di merito anche in caso di violazione di norme processuali si può ritenere esistente anche i relazione all’impugnazione di sentenze rese prima del 2 marzo 2006, data cui è riferita l’entrata in vigore del nuovo testo.

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