COMMENTI A GIURISPRUDENZA
La questione va risolta nel primo dei due sensi, poiché i contratti che sono conclusi al fine di porre in essere la divisione ereditaria non impongono la presenza delle indicazioni previste dall’art. 40 della legge 47/85. E’ d’uopo chiarire che, sebbene in memoria parte ricorrente abbia rivisto le proprie affermazioni, l’eccezione sollevata ha riguardo al contratto di divisione intercorso tra L.S. e la sorella A. ( ricorso di L.S. pag. 12 ), chiamato anche “ negozio divisionale “ ( ricorso pag. 12, terz’ultimo rigo ). E’ solo incidentalmente richiamata ( ma non cambia la soluzione che si ava ad adottare ), per evocare la difesa assunta in sede d’appello, la scrittura del 25 maggio 1993, che prevedeva un più articolato contratto divisionale, formato dalla cessione di “ quote ereditarie “ ( ibidem ) da due sorelle al fratello L. e alla sorella A.M. e dalla successiva divisone tra i due residui comproprietari. E’ quindi da ritenere che ci si trovi dinanzi a un atto negoziale complesso attinente la divisione ereditaria, concepito ed attuato nel contratto del 1993 mediante passaggi tra gli eredi inequivocabilmente finalizzati alla divisione dei beni loro pervenuti in eredità. E’ noto in forza dell’art. 40 l. 47/85, invocato dal ricorrente, “ Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi del’art. 13 … “ Inoltre l’art. 17 della stessa legge prevede che “ Gli atti tra vivi sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l’entrata in vigore della presente legge, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della concessione ad edificare o della concessione in sanatoria rilasciata ai sensi dell’art. 13. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù “. La giurisprudenza di questa Corte ha già rilevato che in tema di invalidità del contratto, mentre l’art. 17 della legge n. 47 del 1985 prevede espressamente la sanzione di nullità degli atti tra vivi compreso lo scioglimento della comunione, relativi soltanto ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo l’entrata in vigore della legge, per quelli realizzati in epoca anteriore l’art. 40 della stessa legge, pur specificando le singole categorie di atti tra vivi aventi ad oggetto diritti reali che sono affetti da nullità, non prevede, fra essi, lo scioglimento delle comunioni ( Cass.14764/2005 ). Già in precedenza questa sezione aveva affermato ( Cass. 15133/2001 ) che “ non può restare senza rilievo il fatto che nel caso in esame si tratta di scioglimento di comunione ereditaria, perché la norma che si assume violata, pur riguardando anche gli atti di “ scioglimento della comunione di diritti reali di edifici, o loro parti ”, limita espressamente il proprio campo oggettivo di applicazione ai soli “ atti tra vivi, lasciando, quindi, al di fuori tutta la categoria degli atti mortis causa. (continua alla pagina seguente)
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