COMMENTI A GIURISPRUDENZA
COMMENTO DEL PROF. GIUSEPPE PALAZZOLO a Sentenza Cass. Civ. 1 febbraio 2010, n. 2313, Sezione Seconda civile, Pres. Rovelli, Rel. D’Ascola.   
 
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CONVEGNO SU ENFITEUSI Ragusa 5 dicembre 2009


Prof. Avv. Giovanni Di Rosa:
"Profili ricostruttivi tra codice civile e legislazione speciale (sintesi)
Sommario: 1. Rilievi introduttivi. – 2. Censi e livelli. – 3. Il diritto reale di enfiteusi tra proprietà e lavoro. 1. Rilievi introduttivi
 Doveroso mi sembra anzitutto il ringraziamento agli organizzatori di questa iniziativa (e, se mi consentite, in particolare al Notaio Giuseppe Dottore) che si inserisce all’interno di un percorso condiviso di formazione trasversale tra operatori del diritto che si lascia molto apprezzare e che merita un plauso significativo.
Nello specifico, per quel che qui interessa, la disamina delle questioni concernenti, sotto il profilo del diritto positivo, enfiteusi, censi e livelli deve necessariamente essere preceduta dalla contestualizzazione storica degli istituti in esame che, per un verso, trovano (alcuni) una specifica regolamentazione all’interno della sistematica del codice civile del 1942 e, per altro verso, affondano la propria legittimazione nella precedente (e successiva) disciplina di diritto speciale extracodicistica. Proprio al fine di meglio esaminare il complessivo contesto non può revocarsi in dubbio, sotto l’aspetto generale, che l’organizzazione del codice civile del 1942 rappresenta un’evoluzione del modello fatto proprio dal legislatore del 1865 che, ispirandosi alle scelte del legislatore napoleonico, aveva dedicato la quasi totalità degli originari tre libri del codice civile previgente alla disciplina (in un modo o nell’altro) del diritto di proprietà. Sotto questo profilo, infatti, si assiste ad uno spostamento di centralità del relativo concetto e della connessa attenzione normativa. Al riguardo, infatti, mentre nella disciplina originaria, in un contesto codicistico appunto distinto in tre libri, ben due (il secondo e il terzo) erano dedicati alla proprietà (rispettivamente, “Dei beni, della proprietà e delle sue modificazioni”; “Dei modi di acquistare e di trasmettere la proprietà e gli altri diritti sulle cose”), nell’attuale regolamentazione di legge soltanto il terzo libro è dedicato, complessivamente, alla proprietà, con una particolare insistenza sul tema della proprietà fondiaria, in un’articolata relazione tra ius in re propria e iura in re aliena.
2. Censi e livelli. Onde chiarire meglio l’oggetto della trattazione occorre preliminarmente rilevare che la tematica concernente il problema dei censi e dei livelli può essere affrontata e, probabilmente risolta, in termini più agevoli rispetto a quella relativa al diritto reale di enfiteusi. In particolare, e in estrema sintesi, quanto ai censi (sia per ciò che concerne quelli riservativi sia  per ciò che concerne quelli consegnativi) la relativa origine storica va ravvisata nel divieto degli interessi nei mutui, rappresentando l’istituzione del censo un espediente per impiegare fruttuosamente il proprio denaro, nella forma della pattuizione di un canone periodico in cambio sia dell’alienazione dell’immobile sia della consegna di un capitale. Nell’evoluzione normativa più recente, rappresentata dalla disciplina del codice civile previgente del 1865 (cfr. artt. 1778-1788), la figura giuridica in esame perde i contorni dell’onere reale per assumere le vesti di diritto (personale) di credito, privo dunque di efficacia reale, consolidandosi il principio, nell’esperienza giuridica derivante dalla legislazione speciale (sino al 1926), secondo cui tutte le prestazioni sono possibili di affrancazione da parte del debitore onde ottenere la liberazione dal peso comunque su questi gravante. Infine, nel sistema delineato dal codice civile del 1942, il modello appare trasfuso nel contratto di rendita (cfr. artt. 1861 ss. c.c.), secondo cioè lo schema che configura la rendita quale prestazione perpetua (salvo il diritto di riscatto ai sensi e per gli effetti degli artt. 1865 e 1866 c.c.), nella duplice forma della rendita fondiaria oppure della rendita semplice (cfr. art. 1863 c.c.).
Quanto invece ai livelli, la relativa origine storica è certamente ravvisabile all’interno del contesto dei contratti agrari, quale espressione cioè dell’ordinamento della proprietà terriera e della condizione giuridica dei contraenti (concedenti e concessionari), configurandosi nella iniziale forma della vendita per un certo termine rinnovabile, secondo il principio per cui il concedente rimane domino diretto o utile. In termini più specifici il negozio costitutivo si presenta (almeno originariamente) di carattere formale (distinguendosi in ciò dall’enfiteusi) e non corrispondendo (contenutisticamente) ad esso una specifica determinazione sostanziale; successivamente (ormai in epoca Medievale) i termini livello ed enfiteusi vengono utilizzati come sinonimi, indicanti appunto un rapporto di concessione, all’interno del quale gli obblighi del concessionario sono rappresentati dal pagamento del canone annuo e del canone ricognitivo del diritto del concedente. Infine, al termine dell’evoluzione normativa, che si realizza appieno nel sistema del codice civile previgente del 1865, il livello è sostituito con il termine enfiteusi (cfr. art. 1556 c.c.).
3. Il diritto reale di enfiteusi tra proprietà e lavoro
Può a questo punto affrontarsi la questione sicuramente più rilevante e attualmente maggiormente significativa (sia in termini formali sia in termini sostanziali) rappresentata dal più importante dei vincoli alla proprietà terriera rispetto alla posizione del titolare proprietario, ossia l’enfiteusi, in ordine alla quale è subito possibile far emergere un primo dato rappresentato dall’integrazione delle discipline relative che danno luogo ad una già rilevata frammentazione del dato normativo, in primis rappresentato dalla disciplina codicistica ai sensi degli artt. 957 ss., oltre agli interventi giurisprudenziali in materia che hanno avuto un effetto conformativo dell’istituto in questione.
Sotto l’aspetto più generale può utilmente rilevarsi che l’enfiteusi costituisce un modello che segna la contrapposizione tra il lavoro tendente al consolidamento con la proprietà terriera e la resistenza dei proprietari, possessori terrieri, nella tradizionale previsione a carico dell’enfiteuta del pagamento del canone e dell’obbligo di miglioramento del fondo (quali tratti caratterizzanti e indefettibili dell’istituto). Tale diritto rappresenta pertanto uno schema che contrappone alla dimensione dinamica del lavoro la dimensione statica della proprietà e della mera titolarità formale del diritto reale in re propria rispetto al quale ultimo si configura il diritto reale in re aliena. Proprio in questo variabile equilibrio tra le ragioni del concedente e quelle dell’enfiteuta è dato rilevare il senso della evoluzione giuridica dell’istituto e della correlativa disciplina di legge. Al riguardo, infatti, possono designarsi almeno quattro fasi di sviluppo normativo, rappresentate, rispettivamente, dalla disciplina precodicistica, dalla regolamentazione contenuta nel codice civile del 1865, da quella fatta propria dal legislatore del codice civile del 1942 e, infine, dalla disciplina extracodicistica (unitamente ai cospicui interventi del giudice delle leggi). Giova in proposito preliminarmente segnalare che il primo dato formale importante è rappresentato dalla configurazione giuridica dell’istituto che, dalla disciplina dei contratti, ai sensi degli artt. 1556 ss. del codice civile del 1865, viene trasportato all’interno del libro terzo del codice civile del 1942, dedicato alla proprietà, nel contesto dei diritti reali minori. Peraltro, all’originaria ritenuta sconvenienza del ricorso all’istituto (in fase precodicistica), a motivo di una legislazione agraria di settore rafforzativa della posizione del concedente, si contrappone la definitiva scelta del legislatore del 1942 che, mirando a rilanciare l’istituto, conforma la osizione dell’enfiteuta, pur a fronte di significati poteri a quest’ultimo riconosciuti, attraverso la predisposizione di regole indicanti, per un verso, la effettività della tutela del lavoro (e dell’enfiteuta) ma, per altro verso, il senso di una scelta normativa mirante ad assicurare protezione anche al concedente. Il riferimento è, in particolare, agli originari artt. 962, 966 e 971, commi 1, 2 e 3 c.c., rispetto a cui si prevede(va), dell’ordine, la revisione del canone, il diritto di prelazione a favore del concedente in caso di vendita del diritto da parte dell’enfiteuta e, in ultimo, un limite temporale minimo (ventennale) dalla costituzione dell’enfiteusi per il valido esercizio da parte dell’enfiteuta del diritto di affrancazione del fondo (tutte disposizioni abrogate dalla legge 22 luglio 1966, n. 607). In queste disposizioni, così come in molte altre ancora attualmente vigenti ma, direi, all’interno del complessivo disegno originario del legislatore del 1942, può ravvisarsi un esempio dei rapporti tra autonomia privata e disciplina di legge (quanto, ad es., al problema della determinazione del canone, oggi stabilito ex lege).
Peraltro, a fronte dell’immaginato modello unitario dell’enfiteusi, è oggi possibile rilevare l’esistenza di una pluralità di modelli, differenziabili in ragione della natura del bene e del periodo di costituzione, potendosi pertanto distinguere tra enfiteusi rustiche e urbane, nonché, al relativo interno, tra enfiteusi costituite prima del 28 ottobre 1941 (data di entrata in vigore di quella parte del codice civile nella cui disciplina è contenuta anche la regolamentazione dell’enfiteusi) ed enfiteusi costituite dopo il 28 ottobre 1941, con un ulteriore distinguo per le enfiteusi urbane costituite dopo il 31 gennaio 1971.
Se poi si volessero indicare, dal punto di vista contenutistico, le caratteristiche del diritto di enfiteusi, unitamente al rilevato (dal punto di vista degli obblighi) dovere di miglioramento del fondo, che ha carattere di essenzialità nel rapporto enfiteutico ed è ritenuto inerente al diritto stesso (cfr. artt. 959-961 ss.), in un contesto contraddistinto dalla  ritenuta configurazione pubblicistica dell’istituto (diretto cioè ad accrescere la produzione nazionale), è da evidenziare la corrispondente (per converso) sostanziale posizione di dominio dell’enfiteuta. La posizione di quest’ultimo, in particolare, appare delineata dalla assoluta pienezza, da una riscontrabile forte tutela e da una vera e propria equiparazione sostanziale alla posizione proprietaria; a dimostrazione di quanto detto possono utilmente considerarsi, rispettivamente, gli artt. 959, 975, comma 2 c.c. e l’art. 8 legge 26 maggio 1965, n. 590, disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice. Più precisamente, quanto alla pienezza del diritto dell’enfiteuta, può significativamente rilevarsi la distinzione rispetto ad un modello, come quello dell’usufrutto, che vieta all’usufruttuario la modifica della destinazione economica del fondo (cfr. art. 981, comma 1 c.c.), possibilità invece concessa all’enfiteuta e davvero conformativa della proprietà (cfr. art. 959 c.c.). In ordine, invece, alla forte tutela assicurata all’enfiteuta, è da segnalare il riconosciuto diritto di ritenzione sino alla soddisfazione del diritto di credito dell’enfiteuta per i miglioramenti apportati al fondo alla cessazione dell’enfiteusi (cfr. art. 975, comma 2 c.c.). Quanto, infine, alla sostanziale equiparazione alla situazione proprietaria, in ordine alla variazione dell’assetto di interessi sottesi, significativamente l’art. 8 l. n. 590/1965 dispone il diritto di prelazione in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione di enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonìa parziaria, o a compartecipazione, a parità di condizioni, a favore dell’affittuario, del mezzadro, del colono o del compartecipante. Si deve peraltro oggi rilevare che l’intervenuto sbilanciamento dell’istituto (a favore dell’enfiteuta) a sèguito degli interventi modificativi operati dalla legislazione speciale (come pure della  giurisprudenza), ha determinato un’inversione di rotta rispetto al modello immaginato dal legislatore del 1942, il cui disegno di rilancio di tale schema reale può oggi considerarsi irrealizzato, apparendo piuttosto necessario invece un ripensamento complessivo del sistema così delineato.
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GIURISPRUDENZA
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Cass., 15 marzo 1995, n. 3038, in Mass. Giur. it., 1995
Cass., 24 luglio 1998, n. 7301, in Dir. e giur. agr., 1999, p. 225 ss.
Cass., 26 settembre 2000, n. 12765, in Studium juris, 2001, p. 471
Cass., 12 agosto 2002, n. 12169, in Mass. Giur. it., 2002
Cass., 29 settembre 2005, n. 19162, in Mass. Giur. it., 2005
T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 1 giugno 2007, n. 476, in Banche dati giuridiche Infoutet
Corte cost., 20 maggio 2008, n. 160, in Vita not., 2008, p. 493 ss.

...(segue)....


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