A Carvaccata di Vistiamari
A Geraci Siculo, domenica 17 luglio 2011, si è ripetuta la settennale manifestazione dei pastori geracesi in onore del Santissimo Sacramento.
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CONVEGNO SU ENFITEUSI Ragusa 5 dicembre 2009







Notaio Gaetano Cammarata:
"Gli istituti di enfiteusi , livelli, censi ed altri similari erano variamente regolati, nel territorio Italiano prima della Unità d`Italia, rispecchianti situazioni eterogenee che si rifacevano a legislazioni e tradizioni diverse, come diversi erano i piccoli e grandi  Stati, che si sono formati in Italia dalla caduta dell`Impero Romano d`Occidente. Tutti gli stati cercarono di regolamentare il fenomeno della  frantumazione del latifondo ,cercando di dare duplice risposta alle esigenze sia del feudatario che della gleba che lavora nella terra. Da una parte infatti si cercava di rendere più produttivi le immense distese di terre a volte  lasciate incolte e paludose, dall`altra si dava la possibilità a parte dei propri sudditi di avere un lavoro ed un sostentamento alla loro già misera esistenza. Con l`unità d`Italia si cercò di uniformare la situazione che appariva diversa nella diverse regioni italiane, sino ad arrivare dopo ampie discussioni parlamentari, alla elaborazione ed accettazione dello istituto della Enfiteusi, nel quale confluirono, per diventare analoghi, i concetti  preesistenti di enfiteusi, livello, censo e similari. Anche i Comuni procedettero motu proprio o per disposizioni legislative a smembrare ed assegnare il proprio patrimonio terriero. Questo intervento vuole rivolgersi prevalentemente alla situazione giuridica venutasi a creare con le assegnazioni fatte da questi in conseguenza di dette disposizioni di legge sia in tempi antecedenti la  Unità d`Italia, sia dopo. Innanzi tutto va eliminato il falso problema che si è sollevato di ecente. Si afferma infatti che il patrimonio comunale dato in enfiteusi , ha natura demaniale con la ovvia conseguenza che non sarebbe usucapibile. Tale affermazione merita una  osservazione.
Se fosse di natura demaniale  non si dovrebbe parlare di  enfiteusi, bensì di concessione amministrativa e come tale soggetto non al  Diritto Privato ma al Diritto Pubblico Amministrativo. Un ente territoriale come è il Comune, non può avere demanio proprio se non nell`ambito del territorio ove svolge ed ha giurisdizione, e quindi non nell`ambito di beni affermati demaniali ma che ricadono nell`ambito del territorio di altri Comuni. Quindi il patrimonio di un Ente Territoriale fuori dal proprio ambito territoriale ha natura privatistica , in rapporto al quale si può verificare la esistenza di tutti gli istituti giuridici previsti dal codice civile e la conseguente specifica applicazione della idonea contrattualistica dallo stesso prevista. Tra gli istituti giuridici che posso afferire al patrimonio del comune vi è anche l`istituto dell`Enfiteusi. Ai sensi dell`art.957 c.c. il diritto di enfiteusi consiste nel diritto di godere di un fondo altrui con l`obbligo di migliorarlo e di pagare un canone periodico.
E` un contratto ad effetti reali, deve risultare da atto sottoscritto e deve essere trascritto. Può essere costituito anche per testamento ma può trovare fonte costitutiva con atto amministrativo con il quale gli enti pubblici territoriali e non o lo Stato provvedono alla gestione del proprio patrimonio fondiario. Nei primi decenni dello scorso secolo , qualche Comune ( e tra questi anche quello di Caltagirone),  provvide a dare in enfiteusi parte del suo cospicuo patrimonio terriero, ricadente sia nell`ambito del proprio territorio sia anche nell`ambito di territori di Comuni limitrofi. I rapporti che nacquero da tale assegnazioni risultano solamente nelle carte del Catasto e  vennero specificati come "diritto del concedente" (per il Comune) e "livellario " (per l`assegnatario). Nell`assegnazione si provvide a formare il lotto di terreno da assegnare, stabilendo la estensione ed il canone da corrispondere in base alla produttività . Nel corso dei decenni, e con la entrata in vigore del nuovo codice civile ( 28.10.1941), detto rapporto concedente - livellario, veniva ad identificarsi con il rapporto di enfiteusi ( senza però che venissero variate le specificazioni della carte catastali) disciplinato dall`art.957 e seguenti codice civile. Nel corso di decenni è venuto sempre meno apparente e visibile la figura del concedente e del livellario: il primo non provvedeva a riscuotere il canone dovutogli, perchè ritenuta troppa gravosa la esazione e l`enfiteuta o livellario cominciava a non pagare il canone dovuto dal momento che non gli veniva più richiesto o nella migliore delle ipotesi non seguivano sanzioni  (devoluzione) al mancato pagamento a quanto richiesto. Si veniva cioè a creare di fatto reciproco inadempimento :  da una parte l`enfiteuta - livellario,  che non provvedeva a pagare il canone, pur provvedendo a migliorare il fondo anche con notevoli innovazioni nella coltura , nella conformazione, e dall`altra l`Ente assegnante che non azionava le sanzioni previste nella assegnazione nel caso di mancato pagamento del canone(devoluzione). Si andava ancora oltre, in quanto l`originario assegnatario, sentendosi talmente radicato nel possesso del fondo e non avendo mai controllo dall`Ente concedente per verificare se lo stesso enfiteuta - livellario  provvedeva al miglioramento del fondo ,  non si riteneva più obbligato a  pagare il canone, in quanto ritenuto ormai superato.
A volte, spesse volte, ritenendosi il vero dominus provvedeva a trasferire il fondo ad un terzo che, ritenendolo proprietario, se ne riceveva il possesso a  titolo di proprietà. Dopo diversi, parecchi, decenni, dopo che si sono verificati vari passaggi di possesso in base a giusti titoli debitamente trascritti e dai quali non si evince la esistenza di livelli o canoni,  se non in casi sparutissimi, l`Ente pubblico territoriale  concedente, chiede  agli ignari livellari, tali risultanti solamente dalla carte catastali, il pagamento di  livelli che, unilateralmente rivalutati e moltiplicati per tutto il tempo in cui non sono stati richiesti, risultano esorbitanti ed irreali,  quasi sempre molto superiori al valore commerciale della  proprietà dei fondi interessati. Gli ignari titolari dei terreni che nel tempo furono oggetto di assegnazione in enfiteusi, si vedono presentare  la richiesta  di pagamento di grosse somme di denaro per canoni arretrati. Si rivolgono a propri danti causa, si cerca di venire a capo su cosa si basa la pretesa avanzata dal concedente. Si fanno ricerche nei Registri Immobiliari, ma  del documento da cui trae origine il diritto preteso non si trova traccia, solo qualche volta si trova nelle carte catastali la laconica intestazione della ditta  a " Comune di ....., concedente e ..... livellario"
Partendo dal titolo che legittima l`attuale soggetto risultante proprietario, si arriva al ventennio, si va oltre, ma non si trova traccia del livello e/o del canone enfiteutico dovuto a....., il quale,  assente nei decenni per fare rispettare quanto contenuto nel contratto di enfiteusi originario,  pretende ora  l`adempimento di quanto non si è fatto per decenni, adducendo a base della richiesta che trattasi di enfiteusi perpetua e quindi  il diritto del concedente non è soggetto a prescrizione,  che il diritto del concedente  non può essere usucapito. Non trovando risposte nei Registri Immobiliari circa la esistenza del rapporto di enfiteusi,   si può constatare che l`unica traccia da dove si può evincere che in qualche caso  esiste un rapporto concedente - livellario,  è data dalle carte catastali. Nei certificati catastali infatti rilasciati e prodotti per la identificazione del foglio,  delle particelle,  della coltura e relativi redditi dominicali e catastali, risulta, ma non sempre, il cercato rapporto concedente - livellario.
A volte per gli stessi mappali, non si è univoci nello evidenziare detta intestazione di partita.
E` risaputo e notorio che le risultanze catastali, istituite ai soli fini fiscali, non sempre sono attendibili in quanto non c`è certezza giuridica  nella loro gestione,  nella loro conservazione, nel loro aggiornamento, nel  loro evolversi.
E` noto infatti che le stesse sono soggette ad essere variate non solo in forza di produzione di titoli formati per atto pubblico o scrittura privata autenticata , ma anche per eventi successori presentati da privati, da tecnici, per iniziativa d`ufficio a seguito verifiche periodiche o per colture, per espropriazioni, per frazionamenti in genere cui non sempre seguono atti pubblici, per eventi cioè che non sono suffragati da atto pubblico. L`unica fonte certa ed a cui la legge affida piena fede pubblica  è quindi costituita dai Registri Immobiliari, ai quali il Legislatore affida, proprio per la sua certezza nella formazione, nella gestione e nella conservazione, pubblica fede ed a cui si aggancia il fondamentale principio della "pubblicità sanante", in  forza della quale,  in presenza di idoneo titolo (in forma pubblica o scrittura privata autenticata)  idoneo a trasferire  l`immobile oggetto della contrattazione con il passare del tempo , l`intestazione al nuovo soggetto diventa inattaccabile ancorchè detto titolo sia annullabile, basato su dati erronei o proveniente da soggetti il cui titolo è inficiato da nullità. Pertanto allorchè il notaio richiesto della stipula, esaminando il titolo dell`alienante dal qual constata che questi è titolare e proprietario del fondo  in questione  in forza di un titolo validamente formato e debitamente trascritto,  e che andando a ritroso nel tempo, constata che anche i danti causa del soggetto alienante ,  hanno validi titoli debitamente trascritti e dai quali non risulta traccia di canoni e/o livelli a favore di terzi, l`acquirente effettua un valido acquisto della proprietà. Da quanto precede appare evidente la fragile posizione  dell`Ente concedente  nel richiedere il pagamento di canoni arretrati, ed il semplicistico ripristino del rapporto concedente - livellario, come se tutti gli eventi sopra evidenziati non si fossero mai  verificati. L`Ente concedente assume a proprio sostegno quanto stabilito dall`art.970 del codice civile secondo il quale,  il mancato pagamento, anche protratto nel tempo del canone, non costituisce interversio possessionis e quindi non dà diritto all`enfiteuta livellario diritto ad usucapire. In forza di tale assunto l`ente concedente ritiene di mantenere sempre il diritto a che l`attuale proprietario è tenuto comunque e sempre al pagamento del canone, ancorchè per decenni non richiesto, ed alla eventuale affrancazione,  a  prescindere degli eventi successivi alla nascita del rapporto di enfiteusi (eventi che quasi sempre non si riferiscono più alll`originario enfiteuta),  a sostenere la esistenza del rapporto concedente - livellario, sorto decenni prima e forse secoli prima. Per un migliore quadro della situazione esaminata, sarebbe opportuno conoscere quale fu l`estensione minima con la quale si è fatta la formazione del lotto da assegnare, ed a quali criteri questa si ispirò, quale canone venne stabilito per detta unità minima del lotto oggetto di assegnazione (creazione e nascita del rapporto concedente - livellario). Stabilire questo ha enorme importanza in riferimento al disposto dell`art.1 legge n.16/1974 in forza del quale "sono estinti  tutti i rapporti perpetui e personali costituiti anteriormente  al 28.10.1941 in forza dei quali le Ammnistrazioni e le Aziende dello Stato, comprese le aziende Autonome dello Stato, comprese le Amministrazioni del Fondo per il  Culto, del Fondo di Beneficienza e di religione nella città di Roma e l`Amministrazione dei patrimoni riuniti ex economati hanno diritto di riscuotere canoni enfiteutici, censi, livelli e altre prestazioni in denaro o derrate, in misura a lire mille annue". Detto disposto venne fatto proprio  da diversi Enti territoriali  con proprio atto deliberativo ed esteso con legge n.222/1985 ad altri enti anche non pubblici. Quanto sopra assume palese importanza in quanto l`assegnatario originario,  se dovesse pagare all`ente concedente per quel lotto assegnatogli un canone inferiore a lire mille, non dovrebbe pagare più nulla in quanto l`ente interessato vi ha rinunziato in forza della richiamata legge. C`è da osservare che, come spesso accade, di detti atti di rinunzia che incidono fortemente nel rapporto concedente - livellario, pur adottati ed esistenti per comune ammissione,  non solo non vi è alcuna traccia in quei registri ove assolutamente dovrebbero esservi e cioè nei Registri Immobiliari,  ma anche nelle Carte Catastali.
Le formalità  di pubblicità prescritte dal codice civile, per la certezza dei diritti  non sono state eseguite  dalla Pubblica Amministrazione, con gravi pregiudizi per la pubblica fede  nella circolazione dei diversi diritti sugli immobili. Nel tempo diversi soggetti hanno acquistato dagli originari assegnatari i fondi loro assegnati al fine di ingrandire o arrotondare la loro proprietà, o trasformare anche   radicalmente nella coltura i fondi ("lotti") in questione. Per conoscere se un fondo sia soggetto al canone ed alla conseguente affrancazione necessita fare riferimento all`atto di costituzione del rapporto.  Se ammettiamo per un attimo che ci sia un originario assegnatario,  tutt`oggi quindi  assoggettato alle regole del contratto che ha fatto nascere il rapporto di concedente - livellario per  un canone inferiore a lire mille (oggi non più dovuto) , e che nel tempo abbia acquistato da altri lotti  il cui canone sia per alcuni inferiore a lire mille e per altri maggiore, volesse ora procedere alla affrancazione del suo intero  fondo, venutosi così nel tempo ad ingrandire,  su quale estensione dovrebbe calcolare il canone di affitto? Sulla sua attuale complessiva estensione  per l`ammontare complessivo dei canoni dovuti oppure, per come mi sembra più evidente e convincente, necessita verificare quale canone era stato fissato per i singoli lotti e così facendo stabilire quali canoni sono stati dichiarati inesistenti e quali in vigore?
Ritengo infatti che  per il  fondo nel tempo formatosi e costituito da più lotti per i quali al momento della loro assegnazione venne stabilito un canone inferiore a lire mille , non si deve nulla in forza della rinunzia ai canoni inferiori a lire mille dall`Ente assegnante fatta in ottemperanza al disposto della richiamata L. n.16/1974
Di contro sarebbe assoggettabile al canone e quindi all`affrancazione da parte dell`originario assegnatario nel caso in cui il "singolo lotto" che concorre a formare il suo fondo  sia assoggettato ad un canone superiore al lire mille.
Diversamente agendo si avrebbe forse una violazione dell`art.3 della Carta Costituzionale. Infatti se i soggetti a - b - c -  in costanza di riconosciuta esistenza del rapporto di enfiteusi, sono titolari di altrettanti lotti il cui canone enfiteutico sia stato dichiarato estinto ope legis, nulla devono e nulla devono fare . Se invece il soggetto d, ha comprato i lotti di a - b - c  e quindi  è divenuto titolare di un fondo che, sommando i rispettivi  canoni (ciascuno inferiore a lire mille),   risulta nel complesso assoggettato ad un cumulativo canone superiore a lire mille , è costretto a subire un trattamento diverso e più vessatorio.  Per rispettare detto principio voluto dalla Costituzione  non resta quindi che affermare che bisogna prendere in considerazione non l`attuale rapporto che il soggetto d ha con i fondi acquistati ma gli originari rapporti che i singoli soggetti a - b - c avevano con i rispettivi lotti loro assegnati. Ma detta specificazione, con tutti i risvolti che potrebbe avere nella fattispecie qui esaminata,  è ammissibile però solamente nei confronti di soggetti che sono stati parte nel contratto originario di costituzione del rapporto concedente - livellario, o nei confronti di chi ritiene comunque esistente l`originario rapporto.
Ma il problema che  ha avuto vasta eco nella stampa,  investe invece soggetti che non hanno mai saputo di essere enfiteuti o livellari, ma pieni proprietari  del fondo che storicamente è stato oggetto di contratto di enfiteusi.
Nella normativa prevista dal codice civile in merito alla enfiteusi l`art. 969 recita: " Il concedente può richiedere la ricognizione del proprio diritto da chi si trova nel  possesso  del fondo enfiteutico, un anno prima del compimento del ventennio. Per l`atto di ricognizione non è dovuta alcuna prestazione. Le spese dell`atto sono a carico del concedente" E proseguendo all`art.970 si legge: "Il diritto dell`enfiteuta si prescrive per effetto del non uso protratto per venti anni." Per poi affermare all`art.972 che : " Il concedente ha diritto alla devoluzione  (restituzione del fondo)  del fondo enfiteutico: 1) se l`enfiteuta deteriora il fondo o non adempie all`obbligo di migliorarlo; 2) se l`enfiteuta è in mora nel pagamento di due annualità di canone." Quindi la mancata riscossione del canone enfiteutico anche per diverso tempo non è causa di estinzione del diritto del concedente , in quanto questo è pur sempre il titolare della proprietà.  Secondo l`insegnamento della giurisprudenza il mancato pagamento del canone non è elemento sufficiente per affermare in capo all`enfiteuta la interversio possessionis,  e per riconoscere a questo il diritto ad usucapire.
Ma  allora come si colloca l`assunto dell`art. 969? Quale funzione ha voluto attribuire il legislatore a tale norma? C`è da osservare che ricognizione significa riconoscere, accertare. Si è in presenza cioè di un negozio di accertamento anche se unilaterale.
Accertamento non nei confronti dell`enfiteuta che, fino a quanto questo resta tale, non può usucapire se  non interviene un fatto nuovo che dia origine alla interversio possessionis. Accertamento nei confronti di terzi  estranei al rapporto originario di enfiteusi o riconosciuto. Qui sovviene il disposto dell`art.1158 codice civile che recista:  " la proprietà di beni immobili e gli  diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso protratto per venti anni" e quanto previsto dall`art.1159 stesso codice civile.  Ci si domanda quindi che valenza  può avere il disposto dell`art.969 se il diritto del concedente, ancorchè questi non avesse mai richiesto il pagamento del  canone , non sia soggetto a prescrizione. Se il legislatore ha previsto il disposto dell`art.969 e averlo posto addirittura prima di quanto fissato all`art.970, ciò un significato logico - sistematico deve pure averlo. Infatti il diritto del concedente, come per tutti i diritti reali, corre il rischio della  prescrizione ventennale se per detto periodo  viene posseduto (specie se con valido titolo) da terzi, i quali così possono vantare l`usucapione. Il diritto di ricognizione,  inquadrabile come detto prima come negozio ndi accertamento, non si dirige al contraente enfiteuta - livellario, che ha partecipato alla formazione del contratto, dal quale il concedente è al riparo in quanto il manacato pagamento del canone protrattosi per oltre il ventennio, non è da solo idoneo a fare verificare interversio possessionis in capo al livellario stesso e  non costituisce  da solo, per questi, titolo per usucapire. Ma la trascrizione della ricognizione del proprio diritto di concedente ( negozio di accertamento) (ex art.969 c.c.) effettuata a proprie spese, unilateralmente ed inaudita altera parte, serve a mantenere  al concedente il proprio diritto contro chi non
è originario contraente nel rapporto, contro chi nel frattempo è subentrato nel pieno e  legittimo possesso del fondo per titolo proprio e con animo uti dominus. Contro questi nulla può opporre il concedente che di ventennio in ventennio non abbia trascritto la sua ricognizione del titolo e di conseguenza non abbia dato correttamente notizia attraverso i Registri Immobiliari della posizione giuridica relativa a quell`immobile e per la quale e sulla quale i terzi possono costruire e basare i loro diritti. Il diritto del concedente pertanto può essere soggetto ad essere usucapito da parte  del terzo che ha a qualsiasi titolo instaurato un rapporto con il fondo che si incompatibile con il diritto di enfiteusi nel senso che sia un rapporto pieno e talmente assorbente trova la sua caratteristica nella proprietà. Infatti sino a quando il contraente originario ed i suoi aventi causa si muovono nei rapporti con il fondo e con il concedente nell`alveo del diritto di enfiteusi, nulla questio; il diritto di enfiteusi permane in quanto , il diritto del concedente non è messo in pericolo, nemmeno come detto nell`ipotesi di mancato pagamento nel tempo del canone enfiteutico. Ma il problema  nasce e si pone per il concedente se nel tempo qualcun altro, che non è il contraente originario o il suo avente causa nel titolo sia entrato a diverso titolo dell`enfiteusi nel possesso del fondo con il godimento del possesso uti dominus. Se cioè nel tempo per un titolo di per sè idoneo  a trasferire la proprietà, seppure basato su fatti erronei ( proprietà e non enfiteusi) ma che fatto nascere nell`avente causa la consapevolezza di essere proprietario e non enfiteuta o livellario, (termini per altro inesistenti nei titoli trascritti e prodotti), questo costituisce  titolo valido per usucapire anche il diritto del concedente, perchè possa vantare il diritto di piena proprietà.  A questi viene inoltre in soccorso,  a conferma del suo titolo,  il principio della "pubblicità sanante". L`avere  trascritto infatti un  titolo di per sè idoneo a produrre l`effetto nello stesso indicato, ancorchè basato nsu elementi erronei, corredato da un possesso, continuato nel tempo, uti dominus, permette al nostro soggetto di potersi validamente  ritenere l`unico legittimo proprietario che ha usucapito l`intero fondo in piena proprietà e quindi sia il diritto dell`enfiteuta che il diritto del concedente. E` questa la funzione della pubblicità immobiliare e contro questo rischio il legislatore ha dato all`originario concedente il diritto di agire anche unilateralmente in ricognizione delle proprie ragioni prima che si compisse il ventennio, prima cioè che si compisse il periodo utile perchè si verificasse comunque l`usucapione.
Se così non fosse si arriverebbe alla aberrante situazione che il concedente, che da decenni non cura il proprio interesse (richiesta del canone, verifica del  miglioramento del fondo, esercizio del diritto di devoluzione), si vedrebbe riconosciuto imprescrittibile il proprio diritto. n questa ottica il diritto riconosciutogli dall`art.969 codice civile diventa anche un dovere se vuole mantenere integra la titolarità.
Una oculata gestione dei propri diritti,  una specificata catalogazione degli stessi, delle scadenze, della interazione tra i propri  uffici, metterebbe al riparo l`Ente concedente  dalla perdita per usucapione dei propri diritti. In conclusione la questione qui dibattuta  si può si può raggruppare in tre aspetti. Il primo aspetto nel quale l`originario contratto di enfiteusi o di concessione prevedeva un canone - livello inferiore alle lire mille in riferimento alla unità colturale presa a base per stabilire l`entità del canone - livelli. In questa fattispecie non esiste più alcun rapporto perchè la legge lo ha dichiarato estinto o è stato rinunziato dagli Enti che hanno recepito e fatto proprio il dettato della legge  n.16/1874.  Questo vale anche se nel tempo un soggetto sia divenuto unico tolare di tanti unità colturali (lotti) aventi ciascuno un canone enfiteutico annuo inferiore a lire mille,  che pertanto sarebbero stati estinti ope legis e che non possono quindi rivivere per il solo fatto che detti singoli fondi oggi si trovano riunificati nella titolarità di un solo soggetto. Una secondo aspetto si evidenzia allorchè sia intervenuta interversio possessionis o  fatto di terzo con la creazione di un titolo idoneo a trasferire la proprietà, debitamente trascritto, anche se basato su elementi erronei e che per il principio della pubblicità  sanante  consolida nell`attuale soggetto la piena proprietà , qualora il concedente non si sia avvalso del  diritto di ricognizione previsto dall`art.969 codice civile e lo abbia doverosamente e debitamente trascritto. Terzo aspetto in cui l`attuale possessore del fondo enfiteutico riconosca il diritto del concedente a ricevere il canone, anche se egli non lo ha pagato per lungo periodo, e non possa eccepirgli una valida interversio possessionis. Permane quindi la esistenza del contratto originario,  si può esercitare il diritto di affrancazione nei modi e nei termini indicati dalla legge per come chiariti ed esplicitati dalle numerose pronunzie che la  Corte Costituzionale è stata chiamata ed effettuare nel tempo. Per il notaio chiamato a stipulare in siffatti casi, non resta altro che attenzionare i titoli, effettuare le ricerche presso i registri immobiliari per il periodo utile e necessario (ventennio ),  e fare attenzione di non fare rivivere quanto già cessato, creando danni per le parti".


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