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 in Caltagirone, Contrada Russa dei Boschi

domenica 4 ottobre 2009




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GIURISPRUDENZA DI INTERESSE NOTARILE


















Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sentenza 19 maggio 2009 (causa C-531/06)
Inadempimento di uno Stato - Libertà di stabilimento - Libera circolazione dei capitali - Artt. 43 CE e 56 CE - Sanità pubblica - Farmacie - Disposizioni che riservano ai soli farmacisti il diritto di gestire una farmacia - Giustificazione - Rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità - Indipendenza professionale dei farmacisti.

  Le libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali non ostano ad una normativa nazionale che impedisce a soggetti che non hanno il titolo di farmacista di possedere e gestire farmacie. La tutela della sanità pubblica figura, infatti, tra i motivi imperativi di interesse pubblico che possono giustificare restrizioni alle libertà di circolazione garantite dal Trattato quali la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei capitali. Più precisamente, restrizioni a dette libertà di circolazione possono essere giustificate dallo scopo di garantire un rifornimento di medicinali alla popolazione sicuro e di qualità.
(Nella fattispecie la Corte di Giustizia ha stabilito che riguardo ai rischi per la sanità pubblica e per l`equilibrio finanziario dei sistemi di sicurezza sociale, gli Stati membri possono sottoporre le persone che si occupano della distribuzione dei medicinali al dettaglio a condizioni severe, con riferimento in particolare alle modalità di commercializzazione di questi ultimi e alla finalità di lucro. In particolare, essi possono riservare la vendita di medicinali al dettaglio, in linea di principio, ai soli farmacisti, in considerazione delle garanzie che questi ultimi devono offrire e delle informazioni che essi devono essere in grado di dare al consumatore. Al riguardo, e tenuto conto della facoltà riconosciuta agli Stati membri di decidere il grado di tutela della sanità pubblica, la Corte ammette che questi ultimi possano esigere che i medicinali vengano distribuiti da farmacisti che godano di un`effettiva indipendenza professionale. Essi possono altresì adottare misure idonee ad eliminare o ridurre il rischio che tale indipendenza sia compromessa, dal momento che ciò potrebbe pregiudicare il livello di sicurezza e la qualità del rifornimento di medicinali alla popolazione).
  La norma contenuta nell`art. 7, nn. 9 e 10, della legge n. 362/1991 che prevede, eccezionalmente, che gli eredi di un farmacista che non possiedono essi stessi la qualità di farmacisti possano gestire la farmacia ereditata per un periodo di uno, tre o dieci anni secondo la situazione personale degli eredi, non è incoerente con la normativa nazionale che esclude in modo assoluto la gestione di farmacie da parte di soggetti non farmacisti.
(La Corte di Giustizia stabilisce che questa norma si rivela giustificata riguardo alla tutela dei diritti e degli interessi patrimoniali legittimi dei familiari del farmacista deceduto. Al riguardo constata che gli Stati membri possono considerare che gli interessi degli eredi di un farmacista non siano tali da rimettere in discussione le esigenze e le garanzie derivanti dai loro rispettivi ordinamenti giuridici, cui i gestori che hanno la qualità di farmacisti devono rispondere. In tale contesto è stata soprattutto presa in considerazione la circostanza che la farmacia ereditata deve essere gestita, per tutto il periodo transitorio, sotto la responsabilità di un farmacista laureato. Pertanto, gli eredi non possono, in tale concreto contesto, essere assimilati ad altri gestori che non possiedono la qualità di farmacisti. La Corte ha inoltre rilevato che detta eccezione ha soltanto effetti temporanei. Infatti gli eredi devono effettuare, di regola, il trasferimento dei diritti di gestione della farmacia ad un farmacista nel termine di un solo anno. Soltanto nel caso di una partecipazione ad una società di gestione di una farmacia costituita da farmacisti gli aventi diritto dispongono di un termine più lungo per la sua cessione, poiché quest`ultimo è di tre anni a decorrere dall`acquisto di tale partecipazione. In taluni casi, infine, la normativa accorda ad alcuni eredi un termine di dieci anni per la cessione della farmacia. Tale termine potrebbe rivelarsi irragionevole, ma si deve rilevare che, tenuto conto del suo campo di applicazione particolarmente ristretto - limitato al caso in cui l`avente causa sia il coniuge ovvero l`erede in linea retta entro il secondo grado del farmacista deceduto e al fatto che tale avente causa deve iscriversi, entro un anno dalla data di acquisizione della farmacia, ad una facoltà di farmacia in qualità di studente - tale disposizione non potrebbe essere sufficiente a concludere che la normativa nazionale in parola è incoerente).






















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